Il Fotografatore PoP, il battesimo e le quote rosa: l’eterna lotta tra i sessi

23.09.2019 07:05

Ho sempre avuto qualche riserva, lo ammetto, sulla questione delle quote rosa. Le persone dovrebbero occupare posti e svolgere mansioni  in base alle loro competenze e alle loro capacità, non in quanto maschi e femmine. Ecco: mia cognata V. è una che potrebbe benissimo aspirare a qualsiasi traguardo; e non perché “femmina” con diritto alla quota rosa, ma per la caparbietà e la tenacia del carattere. Oltre a una spiccata intelligenza. Ovviamente.

Una calda domenica estiva V. mi telefona. Non ci si vede da un po’ per via delle distanze. Ha la voce particolarmente melliflua.

“Carissimo! Come stai? Tutto bene? Moglie? Figli?...”

“Tutto a posto, grazie – rispondo – e voi? Il piccolo cresce bene?”

“Benisssssimo! Il piccolo G. pesa già 5 chili e mezzo”

“Caspita – mi stupisco –ma non dovrebbe avere una 40ina di giorni appena?”

“Eh si, ma mangia per due!”

Ottimo, mi dico, cosa c’è di più spettacolare di un bambino ben pasciuto con le pieghe di adorabile ciccia ai polsi? Mi tornano alla memoria immagini nitide di pannolini gonfi, rigurgiti e notti insonni. Rientro in me con un brivido che mi alza i peli delle braccia.

“A proposito – riprende la cognata V. – vi ricordate che a settembre ci sarà il battesimo?”

“Certamente – mento – abbiamo già cerchiato in rosso la data sul calendario.

Figuriamoci, faccio fatica a ricordare i compleanni dei miei figli…

“Ecco, volevo chiederti un super piacerone” Si fa più melliflua. “Saresti disposto a fare lo foto al battesimo?”

Ah ecco, ora ho capito.

“Come no? Molto volentieri!” rispondo sinceramente.

Carne della mia carne, ricordiamocelo.

Sento che all’altro capo del telefono la cognata V. sta esitando.

“Ci sarebbe anche un’altra cosa che vorrei chiederti. Volevamo farlo di persona ma visto che non ci si vede da un po’ lo facciamo per telefono”

“Dimmi pure” rispondo alzando un sopracciglio.

“Ecco… ehm… avevamo pensato a te come padrino per il piccolo G.”

Caspita! Che onore!

La richiesta, confesso, mi coglie di sorpresa ma mi rallegra assai.

La telefonata continua tra ringraziamenti reciproci e badilate di amore familiare.

Ma, mentre stiamo per salutarci, mi rendo conto del conflitto di interessi:

“Scusa – dico – ma non sarà possibile fare contemporaneamente il padrino e il fotografatore!”

“Oh non ti preoccupare –dice sicura di sé- ci avevo già pensato: vedrai che in qualche modo farai!”

Caparbietà, dicevo più sopra…

Ne parlo con mia moglie. Contentissima pure lei ma difronte all'inghippo tira una scrollata di spalle: “In qualche modo farai!”

Altro che quote rosa, il potere delle donne mi travolge.

 

E’ il giorno. Mi sono preparato al meglio per il grande evento.

Ho buttato giù qualche chilo e redistribuito la mia biomassa: il piccolo (si fa per dire) G. peserà intorno agli 8 kg e ci vorrà una certa prestanza…

Ho preso un abito nuovo che fascia la mia rinnovata silhouette. Il papillon rosso in pendant con le bretelle e i calzini. La barba accorciata.

Ho studiato un piano segretissimo per la questione delle foto. Scartata l’ipotesi del mio figliolo D. (con la sua compattina in mano diventa più iperattivo e fuori controllo di un gremlin incacchiato) non resta che un’unica via da percorrere: mia moglie dovrà scendere in campo! Non c’è altra soluzione.

Glielo dico all’ultimo momento prima di entrare in chiesa: meno tempo avrà per pensare e più probabilità di successo avrà.  Prova a svicolare proponendomi di tenere io la macchina e di riprendere dal punto di vista del padrino. Abile mossa, ma sono determinato: volete le quote rosa? Eccone una!

Le ho preparato il 35mm fisso, la focale sufficientemente ampia da includere tutto il necessario. Senza zoom avrà una cosa in meno a cui pensare. La macchina è settata in priorità diaframmi a f/4 fisso. Autoiso a palla e tempo minimo a 1/160.  Luce pessima, ma sufficiente.  Siamo in una botte di ferro.

Le faccio un briefing essenziale sull’uso del pulsante di scatto.

“Non devi toccare altro”

Le mostro dove dovrà mettersi. Vedo che fa pure delle prove. Brava!

Si parte. Il piccolo G. urla come un invasato perché da circa un paio d’ore non ha la sua razione di 2 litri di latte. Più lui si fa sentire e più il parroco accelera il corso della liturgia. Ci sono altri 5 battezzandi. Una famiglia ha ingaggiato un fotografatore: maglioncino col collo a V, zaino in spalla. Si sa muovere, anticipa i tempi. Deve aver studiato i dettagli.

Con messaggi telepatici cerco di far capire a mia moglie di stargli di fianco e non dietro: col 35 quello mi comparirà in tutte le foto, mannaggia.

Il battesimo è andato, siamo alla fine. Con perizia ho asciugato la testa del piccolo (si fa per dire ovviamente) G. dopo l’aspersione. Assolti dunque i compiti di padrino, siamo pronti per le foto finali: c’è ressa sull’altare, le famiglie sgomitano per accaparrarsi la prospettiva migliore. I più lesti a prendere posizione siamo noi: fonte battesimale, cero pasquale, luce migliore. Vedo mia moglie rispettosamente alle spalle del fotografatore avversario.

“Vieni avanti!” le ordino

Mi fa cenno di non voler disturbare il suo collega.

“Ma quale collega? Quello è tuo nemico: spara per prima!” Il messaggio telepatico che le invio con la mia occhiata assassina questa volta arriva a destinazione. Si mette la macchina a tracolla, scavalca con un balzo la balaustra e si piazza davanti a tutta la fila di smartphone.

Brava amore. Un moto d’orgoglio mi pervade. Finalmente un terreno comune in cui sentirsi due cuori in un’unica capanna: eccola la mia bellissima fotografatrice PoP!!!

Da quel momento in poi la reflex tornerà in mio pieno controllo: cambio di obiettivo, sfocato, foto rubate e tutto il solito repertorio delle fotografia PoP.

 

Si mangia (molto e bene), si brinda, si sta lieti.

Eppure c’è un’ombra, qualcosa di stonato. Tutti a farle i complimenti: ma che brava con la macchina fotografica, ma che brava sempre in prima linea, ma che brava bla bla bla…

Non è che avrò sbagliato? Il mio orgoglio lancia ragli assordanti.

Tornati a casa scarico le foto. Sono curioso di vedere le sue fatte in chiesa. Sono dritte. Sono buone, le impostazioni erano corrette (ci mancherebbe). Basterà dare una pulita al rumore digitale, niente di grave

Le foto sono pronte per essere inviate ai legittimi destinatari.

Tutto è bene quel che finisce bene. Si dice così giusto?

Ma quando la cognata V. vedrà la foto del momento clou del battesimo non capirà più nulla: inquadratura perfetta, il fermo immagine del lungo rivolo d’acqua che scende sul capino del piccolo, i genitori sorridenti, la luce perfetta.

“Direi che è più brava di te!” sarà il suo commento. Una lapide sull’orgoglio del fotografatore PoP.

Non resta che sottolineare la morale di questa storia: le donne non hanno bisogno di quote rosa. Sono già abbastanza forti così.

Ovviamente nessuno verrà mai a sapere che in ogni foto c’era lui, il fotografo avversario e che ritagli grandi così e colpi di clone lo hanno cancellato (letteralmente) dalla storia della nostra famiglia.

"O quam cito transit gloria mundi"